There has possibly been an incident

There has possibly been an incident

di Chris Thorpe
traduzione e regia Jacopo Gassmann
con Francesco Bonomo, Enrico Roccaforte, Cinzia Spanò

Prima rappresentazione: Trend Nuove Frontiere del teatro britannico, 2016.
In tournée nella stagione 2017/18 per una produzione Centro Culturale Mobilità delle Arti

Quando la vita ci pone di fronte a una scelta fra eroismo e compromesso, cosa succede?
A volte gli aerei non atterrano come dovrebbero.
Il popolo di una nazione ne ha abbastanza dei propri tiranni, ma i tiranni devono essere rimpiazzati con qualcos’altro. Cosa?
Una persona si fa largo tra la folla e, per un istante, senza che sia lei a sceglierlo, si trasforma in un simbolo.
Un uomo entra in un palazzo e porta con sé la morte. Chi lo fermerà?

There has possibly been an incident è una pièce composta da tre monologhi, flussi di coscienza densi di immagini, intervallati da un dialogo e un coro finale. Ogni vicenda prende spunto da eventi storici più o meno recenti, eventi che l’autore rielabora a modo suo e che restituisce attraverso il racconto intimo, analitico, dei personaggi. Attraverso le loro voci, Thorpe esamina i processi cognitivi che precedono una scelta. Quanto pesa il caso in ogni decisione che compiono (ammesso che la compiano, senza limitarsi a subirla)? È una lente d’ingrandimento quella che Thorpe posa sulle sue frasi, una lente che riesce a deformare il tempo, a rallentarlo. C’è spazio sufficiente per far emergere ciò che si agita fra pensiero e azione, sentimento, dubbio, accidente.

Nel primo monologo, una persona di cui non sappiamo, un testimone oculare, descrive il ragazzo che ha davanti. Indossa una camicia bianca e pantaloni neri, ha in mano una busta della spesa. C’è il sentore che qualcosa stia per succedere, ma che lui non sappia cosa sarà, fino a che non si ferma di fronte alla colonna di carri armati, nella piazza gremita di Tienanmen.

Nel secondo, una rivoluzione di piazza porta alla deposizione dei due vecchi sovrani. Chi ha guidato la rivolta si trova adesso – quasi per caso – a rispondere alla folla che li acclama. Un improvviso vuoto di potere. Come gestirlo?

Nel terzo, una donna sorvola una grande città. È in aereo, sospesa fra il sonno e qualcosa che non è proprio uno stato di veglia ma uno stato in cui riesce ancora a pensare. Si è lasciata tutto alle spalle e sta per arrivare lì, da lui, in una città che spera la accolga. Si chiede il perché di quei rumori.

Nei dialoghi che si innestano fra i tre racconti, c’è una figura ispirata ad Anders Breivik, l’uomo che il 22 luglio del 2011 uccise 77 giovani sull’isola di Utoya. Le sue idee sono idee estreme, come estremi sono i suoi gesti, eppure figli di un progetto preciso.

Le voci che chiudono ci consegnano a un’ultima scelta morale.

Nessuno mi fa pensare più a fondo di Chris Thorpe. Dopo aver visto un suo spettacolo agli spettatori resta la sensazione di essere stati scrutati dentro perché lui vede attraverso le bugie che raccontiamo a noi stessi e le rivela con premurosa chiarezza. È un’esperienza rara ed eccitante. Chris Thorpe non scrive mai per scioccare o per dispiacere. Scrive, io penso, con amore per l’umanità e compassione per i modi in cui mentiamo a noi stessi. —Simon Stephens