Niente di me
Lo spettacolo ha debuttato alla Biennale Teatro di Venezia il 23 settembre 2020 per poi inaugurare la stagione del Teatro Piemonte Europa a Torino.
di Arne Lygre
traduzione e regia Jacopo Gassmann
interpreti Sara Bertelà, Michele Di Mauro, Giuseppe Sartori
luci Gianni Staropoli
produzione TPE – Teatro Piemonte Europa, Teatro Stabile dell’Umbria, Centro Teatrale Bresciano
I diritti dell’opera Niente di me di Arne Lygre sono concessi da Zachar International, Milano
Mi sono imbattuto nell’opera di Arne Lygre attraverso le traduzioni francesi dei suoi testi, messi più volte in scena da Braunschweig negli anni della sua direzione artistica alla Colline, e prima ancora da Claude Régy all’Odéon.
Arne Lygre è un autore di difficile collocazione. Non solo per quella porzione di mistero che aleggia nei suoi testi così sfuggenti eppure così profondamente quotidiani, ma soprattutto per la forma particolare del suo teatro, della sua scrittura. Lo stile ellittico, scarnificato sembrerebbe avvicinarlo, in qualche modo, all’opera di Jon Fosse, ma sono molteplici i rimandi e le possibili associazioni: «La prima forte influenza è stata quella di Werner Schwab», afferma. «Rimasi impressionato dal linguaggio nelle sue opere, in particolare Sterminio. Più tardi ho ritrovato un utilizzo simile del linguaggio nei romanzi di Thomas Bernhard. Ci sono alcune cose che ho preso a prestito da Beckett: lo spazio chiuso, la demarcazione fra il mondo esteriore e lo spazio del gioco… ma c’è senza dubbio nei miei lavori l’influenza di Brecht».
Nei testi di Lygre i personaggi si esprimono su più piani linguistici e temporali. Spesso parlano di loro in terza persona, si guardano dall’esterno. Declinano le loro relazioni al presente ma allo stesso tempo sono abitati da voci del passato e proiettati verso un futuro che sembrano già conoscere, desiderare, temere. Tutto ruota intorno al potere della parola e alla sua capacità di influire sui nostri destini e su quelli delle persone a noi care. Niente di me è, in questo senso, uno dei suoi testi più rappresentativi e struggenti.
La scena si apre nel pieno di una relazione erotica fra una donna e un uomo più giovane di lei. Siamo in un appartamento spoglio: uno spazio vuoto, tutto da riempire. Non sappiamo molto, se non quello che i due personaggi decidono di dirci. Presto capiamo che si conoscono da poco. Entrambi hanno scelto di isolarsi dal mondo e di mettere un punto a quella che è stata, fin lì, la loro esistenza. Sospesi in un limbo fra passato e futuro, provano a costruire la loro storia d’amore. Ogni cosa che nominano prima o poi prende corpo: un tavolo, un divano, una camera con vista, il semplice desiderio di partire verso il mare. Non è semplice distinguere fra ciò che avviene realmente e ciò che è pura affabulazione. Come nei processi onirici, la parola lascia delle tracce in scena per poi cancellarle.
Non esiste possibilità di catarsi nelle opere di Lygre. I suoi personaggi seguono il filo di un destino tragico rinunciando a qualsiasi tipo di sublimazione. Nel tentativo di scrivere la propria biografia, queste identità così fragili sono in perenne fuga da sé stesse. L’idillio dei due protagonisti, infatti, verrà presto interrotto dalla visita di alcune figure (persone? fantasmi?) del loro passato che li costringeranno a fare i conti con le proprie ferite.